Parlando
 
Dr. Damjana Bratuz
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L'Austria Era Un Paese Ordinato

C'è un proverbio ligure che dice, "in tempo di guerra, più bugie che terra" ; forse non è un proverbio ligure, è di tutti; ma nel mio dialetto è detto con parole volgari ; fa più effetto. Quando si combatte, non si sa mai contro chi si combatte ; il nemico è un fantasma; Io hanno fatto diventare un fantasma grande, potente, pieno di virtù di tutte le specie ; oppure piccolo, meschino, trascurabile, pieno di vizi e corruzioni, fragile, da battere in pochi giorni, forse in poche ore.

Noi nella nostra storia ci siamo sempre fabbricati nemici vermi, da schiacciare con un piede ; per questo sono state più le volte che le abbiamo prese, che non le volte che le abbiamo date.

Quando sbarcai a Trieste, scoppiavo dalla gioia. La guerra era finita ; avevamo vinto ; Trieste era nostra ; io ero a Trieste ; e avevo gli anni che allora bastava averli per scoppiare dalla gioia ; adesso non basta più niente, per scoppiare dalla gioia.

Dalla natura io ho avuto alcuni regali importanti ; è uno e quello di vedere le cose come se fossero cose semplici ; cosi nel mio mestiere posso capire quasi subito dove sono, e quello che mi sta succedendo intorno. Allora facevo un altro mestiere ; facevo il, guerriero di mestiere ; ma quello di vedere le cose come se fossero cose semplici, era un bel regalo anche facendo quel mestiere.

Dopo qualche giorno che ero sbarcato a Trieste, capii qualcosa che mi fece vergognare fino alle radici dei capelli. Mi sentii ridicolo storicamente ; io non c'entravo, o pochissimo ; non avevo fatto quasi niente per diventare storicamente ridicolo. Noi abbiamo sempre fatto la storia con le canzonette ; e quando uno è dentro una storia che si sta facendo, è come dentro un'epidemia ; è travolto ; la storia o un'epidemia riguarda tutti, nessuno può sottrarsi.

Credevamo non di fare una piccola correzione alla geografla ; ma di portare a Trieste una cesta di primizie di un frutto mai visto da nessuno, mai mangiato da nessuno.

Poi sbareando a Trieste, avevamo trovato una città con una civiltà molto più moderna della nostra ; e molto più colta, più volenterosa di cultura ; e più dentro I'Europa, più mescolata con essa ; e più fornita di buona educazione ; e la buona edueazione è una cosa di cui non si parla mai nella storia, come se la storia fosse fatta solo dai maleducati; invece la buona edueazione è molto più importante di altre cose di cui si parla sempre nella storia.

Ci avevano fabbricato un'Austria marcia, pronta a sfasciarsi al primo urto nostro ; governata da un vecchio imbecille, chiamato per dispregio Cecco Beppe. .

Avevamo trovato, e distrutto, un'ammiiiistrazione della cosa pubblica ammirabile; pedante come le poche amministrazioni pubbliche ammirabili che ci sono al mondo ; scrupolosamente onesta ; scrupolosamente rispettosa del cittadino e dei suoi diritti scritti ; rispettata da tutti appunto per questo, cioè non per paura ma per fiducia e spontanea riverenza ; un'amministrazione della giustizia piena di giustizia per tutti ; il pagatore di tasse considerato non un limone da spremere e un delinquents, ma uno che lavora anche per mantenere Io Stato ; e ha la sua dignità d'uomo.

In un altro eccellente libro di Carpinteri e Faraquna, c'è una frase che dice tutto quello che sto dicendo io con molte parole ; e la dice un personaggio del popolo minuto, cioè uno che non aveva niente da perdere a dire un'altra cosa ; e la frase è questa, che "sotto I'Austria guai scriver storto".

Qui dentro c'è tutto il segreto di quell'Austria che in quella Europa con l'orticaria cronica, era l'ordine costruito come una casa bene costruita ; cioè l'ordine non come idea dei fabbricanti di idee, ma come pratica di vita felicemente raggiunta ; qualcosa come una bella musica suonata bene. E quell'ordine cominciava dallo scrivere ; scrivere pulito e diritto.

Avevamo scoperto che esisteva, cioè era esistito fino allora, uno Stato dove genti di numerose nazionalità e lingue e civiltà e religioni diverse convivevano senza amarsi ; ma solidali e concordi a fare un lavoro solidale e concorde.

E quando c'erano i sanguinosi combattimeiiti, pochi da noi si domandavano com'era quella storia ; un impero descritto come una vecchia carriola, e aveva soldati di razze e civiltà diverse, che combattevano insieme come demonii ; e quando avevano smesso di combattere, era perché avevano avuto l'ordine di smettere ; ed era perché il blocco marittimo aveva costretto le popolazioni al pane K o pane di patate, ai vestiti di carta, agli zoccoli invece delle scarpe.

E il vecchio imperatore portava sulla mano il vecchio impero, come i santi che nei quadri dei santi portano sulla mano una chiesa ; e quella mano del vecchio imperatore era carica di dolori ; ma ancora si batteva non con gli uomini ma con l'inesorabile destino.

I nostri governanti dicevano che non si poteva fare l'Europa, se non si distruggeva quell' impero; e questo è stato fatto ; e si sono visti, e ancora si vedono, i risultati. Ma i nostri governanti facevano il loro rifornimento di idee dagli intellettuali ; gente raccomandabile per tutti gli usi.

Qualche anno dopo il nostro arrivo a Trieste, ci mandarono a mare largo a visitare i bragozzi da pesca, e vedere se avevano le carte in regola. Un giorno fermammo un bragozzo di Chioggia; come tanti altri, non aveva le carte in regola ; da bordo cominciarono a gridare, "andremo dal nostro console a Trieste" ; credevano che a Trieste ci fosse ancora il console d'Italia, cioè ci fosse ancora I'Austria. Avevano la bandiera italiana da guerra sventolante davanti ai loro occhi ; ma per essi a Trieste c'era ancora I'Austria ; per essi I'Austria era qnalcosa di stabile, indistruttibile. Erano pescatori ; i nostri governanti avevano dell'Austria un' idea più infantile.

Non so da quanto tempo non leggevo un libro come questo ; divertente come gli altri libri di Carpinteri e Faraguna ; un libro che fa ridere in questo tempo che nessuno scrivendo sa fare più ridere ; ma terribilmente serio.

Io ho passato anni a Trieste e Pola e in mare lungo le coste e le isole dell' Istria e delta Dalmazia ; conosco quei dialetti ; e leggendo quei libri, e vivendo in essi, e ridendo in essi, ho sentito il mio cuore battere come usa raramente ; come se ancora sentissi quelle voci, quell'umore popolare che non c'è in nessuna aItra parte d' Italia ; forse fatto da un'esperienza che loro hanno avuto, e nessun'altra parte d' Italia ha avuto ; ed è I'incontro e lunga convivenza di tre grandi civiltà ; e la musica ineguagliabile di quei dialetti, una delle cose più dolci e argute che siano in bocca d'uomo.

Ma quel gusto di ridere che è in questo e negli altri libri di Carpinteri e Faraguna, non è un gusto di ridere farsesco ; è qualeosa che viene dalle profondità dell'uomo, come viene I'acqua viva dalla roccia viva ; perché è un tentativo riuscito di ricostruire nella memoria un tempo che era un tempo felice ; ed è stato distrutto ; e non può essere riprodotto più mai.

Quei personaggi sono gente che racconta ridendo, per non farsi vedere che piange.

E raccontare quella storia in dialetto, non è stato un gioco di due artisti del ridere ; due artisti della qualità di Carpinteri e Faraguna ; e oggi non c'è chi gli possa stare a paro ; è stata la necessità di mettere i personaggi nella loro aria, I'aria. di allora ; e non sembrasse una falsificazione.

E da quelle letture io ho avuto un godimento immenso ; come tornare ai miei tempi di Trieste e Pola e quelle isole e coste scogliose ; a quel mio amore che parla come in quei libri ; ed è sempre vivo, sempre ardente ; ed è il più lungo di tutti gli amori che ho avuto ; e so che finirà con me.

Vittorio Rossi

 

E-mail: dbratuz@uwo.ca
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